sabato 21 maggio 2011

Sorry is all that you can't say

11/10/2010

Sono una che chiede scusa. Anche troppo. C’è chi trova fastidioso questa tendenza di cospargermi il capo di cenere, chi lo trova un eccesso di umiltà, c’è chi dice che sono fissata con il concetto di colpa, chi, semplicemente mi trova stucchevole. Io non lo so quando ho cominciato a camminare in punta di piedi per non disturbare con il rumore dei miei passi, quando ho iniziato a mimetizzarmi con l’ambiente per non imporre la mia presenza, quando ho scoperto questa mia innata vocazione ad offrirmi come capro espiatorio, quando si è innescata questa mia aspirazione del perpetuo mea culpa. Non posso neanche dire che non lo faccio apposta… lo faccio apposta, eccome… magari succede da così tanto tempo che ormai è un riflesso automatico, ma inizialmente e fondamentalmente si è trattato di una scelta obbligata ed ogni volta che provo a sottrarmi ad essa vengo subito redarguita anche da coloro che per primi condannano il mio antipatico atteggiamento.
Ma non è questo il punto. Il punto è che essendomi appropriata della stragrande maggioranza delle scuse in circolazione, è inevitabile che a me ne vengano fatte poche. Non che io le pretenda, intendiamoci… il più delle volte si tratta di scuse che mi sono sfuggite, altrimenti avrei trovato il modo di assumermene la responsabilità ed in ogni caso cerco di facilitare il più possibile il compito di chi mi ha inavvertitamente rubato la parte.
Però (ed è ovvio che c’è un però, altrimenti non ci sarebbe stato motivo di scrivere questo post) ci sono alcune eccezioni. Si tratta di accadimenti che nel corso della mia vita per me hanno assunto l’aspetto di veri e propri torti subiti, ferite che mi hanno segnato e per le quali non ho reclamato vendetta ma al massimo un misero e spesso inutile (se non deleterio) riscatto.
Ecco, per queste ferite mai rimarginate io le scuse le vorrei proprio, ma non per soddisfazione, solo per poter finalmente guarire la piaga che non smette di tormentarmi. Scuse non di forma ma di sostanza, un ravvedimento insperato quanto impossibile che riesca a togliermi almeno la sensazione di essere io la colpevole per essermi resa feribile.
Come dire, insomma, scusate se ho inavvertitamente messo il cuore sotto ai vostri piedi….

TRACY CHAPMAN BABY CAN I HOLD YOU

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