Detesto quando mi dicono
che sono stata una bambina viziata. Che poi a fare questa affermazione è sempre
qualcuno che non mi ha conosciuta nell'età infantile e, puntualmente, pronuncia
tale verdetto in considerazione dei miei problemi alimentari. Perché io, in
effetti, sono stata una bambina più che tranquilla in tutto, ma decisamente
difficile per mangiare, cosa che con il passare del tempo non è scomparsa ma si
è solo leggermente attenuata o dissimulata. E così, quando non riesco a nascondere o camuffare le
mie stranezze, ecco che tutti provano a risalire alla loro origine finendo per
attribuirne la responsabilità ai miei genitori, colpevoli di non aver
saputovincere le mie bizze.
Ora, il ricordo della mia
infanzia, per quanto sfumato dagli anni trascorsi, mi rimanda un'immagine dei
miei genitori tutt'altro che arrendevoli e succubi dei miei capricci... anzi, la
sensazione che emerge più delle altre è proprio quella di una certa mia ansia da
prestazione nella ricerca di compiacere quelle che potevano essere le loro
aspettative e una tendenza più o meno inconscia a pensare che se avessi fatto la
"brava" sarei stata amata di più. Intendiamoci, sono stata effettivamente amata,
ma come ho detto altre volte,il pudore emotivo che regnava in casa mia, non
consentiva poi molte svenevolezze e le lodi diventavano un elemento sotitutivo
che, successivamente, ha pericolosamente influenzato i miei criteri di
misurazione delle altrui attenzioni.
Ma, tornando alla
questione alimentazione, mi sembra chiaro che, potendo, avrei accontentato
certamente i miei genitori anche in questo aspetto, no? E' vero che loro non
hanno mai adottato misure estreme per costringermi, ma certo, le dispute intorno
ai pranzi e alle cene, sono stati effettivamente gli episodi più critici di
quegli anni.
Molto ci sarebbe da dire
e da scavare su questa particolarità, sul mio rifiuto ostinato a sperimentare
sapori, ad assaggiare cose che non catturano primai miei occhi ed il mio naso...
Più tardi, mi sono trovata io stessa costretta a forzarmi in alcune occasioni in
cui mi risultava troppo imbarazzante distinguermi e raramente questo atto ha
portato dei cambiamenti nel mio gusto... Al contrario, questi ci sono stati in
maniera casuale e inaspettata, come se alcuni cibi avessero un momento
determinato per inserirsi della mia alimentazione. Mmm... adesso che ci penso
potrei dire la stessa cosa in merito ad altri processi.... ma questo è un'altro
post.
Il punto però è un altro.
Non sono disposta ad ammettere che sono stata viziata! E devo dire che questo
giudizio sommario espresso quasi da chiunque si è avventurato in un aspetto che
io terrei ben volentieri solo per me, coincide oltre che con una certa incredula
riprovazione, spesso anche con l'invito ad "affrontare" il mio problema, cosa
che non sono disposta a fare.
Insomma, fermo restando
che all'interno delle mie limitazioni posso comunque, quando lo voglio,
rispettare determinati valori nutrizionali, e quindi eliminando la questione del
"mio bene" da quelle in ballo, possibile che sia effettivamente così difficile
accettare ritmi e gusti diversi da quelli cosiddetti normali?
E non sono sicura di
parlare solo di cibo!
3 commenti:
sed, l'importante è che tu ti senta in equilibrio. Poi, di quello che pensano gli altri, te ne puoi fregare. Diversamente da ciò che ci hanno insegnato da piccoli, non piacere a tutti è un valore, perché ti consente di non essere uno Zelig, ma di conservare la tua personalità....
La parola equilibrio mi fa venire in mente la bilancia (wow, che fantasia), solo che non so cosa accidenti mettere sull'altro piatto! :)
metti dall'altra parte tutto ciò che di da noia, e sul tuo piatto tutto ciò che ti da piacere, e metti in equilibrio.
Mi sembra un buon compromesso :)
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